Passione-maratona è vedere negli occhi degli amici esordienti la gioia di aver fatto una grande scoperta, di essere entrati a far parte di quel popolo dei maratoneti che è un mondo speciale. Ieri a Firenze molti hanno sorriso per questo, tre di loro, Carlo, Agnese e Gianpiero erano miei compagni di avventura. Dopo la buona esperienza dello scorso anno Firenze è pronta a riaccoglierci noi dell’Atletica Buja e stavolta ancora più numerosi, siamo ben in 15 ai quali si aggregano altri friulani.
Alcuni di noi gareggiano anche per il Campionato nazionale Bancari e per un giorno dismettono la maglia bianco-azzurra; naturalmente la maglia è un simbolo che potrebbe fine a se stesso ma in alcuni casi è anche simbolo di aggregazione, di gruppo; la scoperta che invece mi appassiona sempre di più della maglia è che avendola personalizzata con nome e bandiera italiana correndo si raccolgono un sacco di incitamenti che sono energia pura soprattutto nei momenti di crisi. Ieri lungo tutto il percorso tante volte ho sentito gridare il mio nome, spesso si trattava di persone conosciute, altre di tifosi solo interessati ad incitare nelle lingue più disparate noi podisti: e lì senti gli spagnoli (tanti catalani) spingerti con il loro “ANIMO”, più avanti i tedeschi con il loro “SUPPA” (scritto come si legge).
La maratona di Firenze si è imposta ormai come la seconda manifestazione italiana, dispiace che all’annuncio di oltre 10.000 iscritti corrispondano poco più di 8000 arrivati, era un bluf oppure molti hanno optato per “la via breve” accontentandosi della maglia ricordo? Una cosa è certa: questa gara ha grandi potenzialità ma ormai ha saturato la sua capacità di accogliere almeno nel contesto in cui è posta. Mi spiego. La zona di partenza ospita con gran difficoltà le gabbie per la partenza, i servizi igienici sono insufficienti, i primi km su strada non abbastanza larga crea intasamenti creando anche problemi di sicurezza.
Anche il passaggio nel centro di Firenze a tratti è molto disagevole soprattutto al passaggio della massa dei podisti, il deflusso da Piazza Santa Croce non è molto agevole.
Appuntate queste annotazioni come consiglio agli organizzatori faccio i miei complimenti per la ottima gestione, per la chiusura totale del traffico, trasporti alla partenza perfetti, ristori ben organizzati. Infine grande felicità e un pizzico di emozione per gli assiepamenti di pubblico, in particolare in Piazza Duomo dove l’impatto con la “muraglia festante” è veramente da brivido.
La mia gara.
La bella prestazione di Trieste, in primavera mi aveva fatto illudere di poter ritornare alla grande in autunno, purtroppo problemi fisici mi hanno impedito di esprimermi come volevo. Dopo mesi finalmente si ripresentava l’occasione di poter tentare di “sfidare il muretto delle 3 ore”, centrare quell’obiettivo era la missione principale; vi era anche però anche un secondo obiettivo.
Una sfida segreta, un fantomatico avversario da battere, la voglia di andare oltre, di arrivare davanti, di mettere alle spalle mesi di fastidi, di dolori lancinanti a volte, l’aspirazione di conquistare il mio tempo anche se negli allenamenti non posso esprimermi come vorrei.
Non ho condotto la gara come faccio di solito, con ritmo regolare; ho assecondato una strategia rischiosa con partenza molto veloce al fianco di Cristian e Stefano a 4’ al km, ho rallentato successivamente correndo da solo al mio ritmo.
Passaggio alla mezza in 1.26’ cosciente di aver azzardato ma allo stesso tempo carico e sereno di riuscire a portare a termine l’impresa. Dinanzi a me ogni tanto intravedevo la testa “pelata” come la mia dell’Orlando nazionale (Pizzolato) che viaggia intorno ai 4’ al km. Appena transito sul tappeto della mezza mi dico che ormai sarò in discesa, nessuna energia dovrà essere spesa inutilmente ma neppure lesinata al fine di conquistare il secondo obiettivo.
Imprimo una accellerata, pochi secondi; sono quei pochi secondi che mi permettono di raggiungere la compagnia di Cristian e Stefano. Sono concentratissimo, un cenno e via dritto per la mia strada. Sulla rampa del Ponte del 25° km penso se continuare la mia avventura accanto a Stefano o se continuare nell’affondo; opto per questa seconda soluzione.
Si zigzaga per le vie del centro, a tratti il pavimento è sconnesso, nonostante queste difficoltà spingo a tutta, sono ancora abbondantemente veloce ancora al 30° km, l’obiettivo delle TRE ore è ormai mio.
Alle cascine avverto un rallentamento del ritmo, nulla di preoccupante; l’ambiente non è dei migliori, prendo punti di riferimento da raggiungere. Si arriva in fondo, svolta a sinistra e poi di nuovo a sinistra. Il cielo è ormai coperto, avverto freddo. Sulla via del ritorno alle cascine c’è aria contraria, le gambe sono pesanti ma cedere non è consentito. Guardo il mio Garmin: 4’22’’, 4’23’’. E’ quasi un crollo. Per fortuna appena imbocchiamo di nuovo il Lungarno ritrovo l’entusiasmo. Sento il traguardo vicino, sento la mia rivincita in tasca, il fantasma è stato annientato, la mia tenacia ha avuto la meglio.
Controllo il cronometro: 2:55’ è mio ma, chissà? Dopo il 40° do fondo ad ogni energia, troppo presto. Sul 41° km mi spengo, un paio di metri di dislivello mi tagliano le gambe. Rettilineo del deposito bagagli: sento incitamenti, vedo ai lati Adriano (ritirato per problemi fisici) con al fianco Cristian anche lui fermatosi. Mi gridano. Vado a cercare energie nel fondo dell’animo. Split al 42° guardo solo i secondi, segna 09. Devo fare 200 metri in 50 secondi ed anche il cronometro sarà battuto. Si può, si deve. Piombo sul traguardo che il cronometro segna 57, c’è tempo anche per posare con il sorriso.
Crono finale: 2:54’57’’.
Subito dopo il traguardo Pizzolato rilascia interviste, anche lui è appena arrivato, due minuti prima di me. Lo saluto. Sono strafelice per me ma sono contento anche per lui…se non avesse aperto la strada (lui e qualche altro, 25 anni fa) ora forse noi non saremmo qui così numerosi.