MARATONA DEI 3 COMUNI
Calderara di Reno 5.11.2006
TRA L’EMILIA E IL CENTRAL PARK(Cronaca di una una maratona corsa con le gambe ma con l’anima altrove)
La prima domenica di novembre è tradizionalmente la data nella quale si corre la New York City Marathon e contemporaneamente a Calderara di Reno la precede di poche ore la 42 km organizzata da patron Gozzi che riunisce tanti appassionati italiani in attesa di collegarsi nel pomeriggio e seguire la gara newyorkese.Quest’anno dopo la bellissima esperienza nella grande mela del 2005 torno sulle strade più tranquille della periferia bolognese…ci torno con le gambe ma la testa e il cuore sono altrove, al di là dell’oceano.La mia cronaca è il risultato di questo sdoppiamento.Il trillo della sveglia giunge come al solito in ritardo rispetto alla sveglia biologica, la tensione per la gara anche se oramai di maratone ne ho corse tantissime è sempre alta, la prima colazione deve essere nutriente ma non eccessiva perché mancano ancora diverse ore alla partenza effettiva della gara e bisognerà integrare con una seconda razione di carboidrati.Mi aspettano due ore di auto per raggiungere Calderara…Saliamo tutti assieme sui pulmann che ci porteranno oltre il Terrazzano Bridge, tante storie si intrecciano in quell’ora di viaggio, l’adrenalina è tanta anche se mancano diverse ore, l’emozione è da brivido, il freddo fuori contribuisce ad abbassare la temperatura corporea altrimenti eccessiva.Scaricati come migliaia di formichine procediamo verso la immensa zona di raccolta divisa in zone colorate a seconda del proprio pettorale, si va un po’ in giro alla ricerca improbabile dell’amico che sai essere presente.Nella palestra di Calderara il clima è accettabile, trovare amici non è difficile, raccontarsi le ultime vicende serve a trascorrere l’ora di attesa preparandosi con l’abbigliamento adatto alla giornata fredda.L’ora è quasi arrivata, bisogna porsi nella griglia di partenza, il riscaldamento non serve ci sarà modo di muovere le gambe lungo i 42 km.Lo speaker rilancia le ultime raccomandazioni, è caloroso come al solito, sappiamo che all’arrivo saprà dispensarci incitamento e il nostro momento di gloria.I tre lunghissimi serpentoni di podisti sono allineati, parte l’inno americano ma nelle mie orecchie scorrono in contemporanea anche le note dell’inno di Mameli, e l’Internazionale, e la Marsigliese perché la maratona non ha confini, è una delle poche occasioni nelle quali tutti si parte da uno stesso punto e nello stesso momento e tutti si deve raggiungerne un certo altro e chiunque transiti sul traguardo è un vincitore.Giunge il colpo di cannone che dà il la alla sinfonia: 74000 piedi si muovono, i miei piedi sono in Emilia ma nella mia testa rimbombano e sento il Ponte di Terrazzano vibrare, sono sulla corsia di destra, sulla mia sinistra le gentili donzelle partire poco avanti sfilano, cerco di scorgere qualche viso conosciuto, nel piano inferiore del ponte altri indomiti podisti corrono nascosti alla nostra vista, dovranno passare delle miglia prima che le nostre vie si fondano in un solo lunghissimo sciame di uomini e donne che inseguono il proprio momento di gloria.A Calderara di ponti non ce ne sono neanche a pagarli a peso d’oro, cerco di settare le mie gambe sul ritmo giusto, se fossi in condizioni fisiche normali non mi sarebbe difficile, ma quest’anno i tendini mi fanno soffrire e devo cercare di esprimermi al massimo per raggiungere l’obiettivo odierno: cercare di correre sotto le 3 ore.Nella prima ora di gara non ho problemi poi avverto il dolore farsi sempre più intenso, ogni passo è una fitta, il ritmo cala di qualche secondo, ho necessità di una sosta ai box e con essa metto da parte ogni velleità convincendomi che sarà per un’altra volta.Se già c’era una disconnessione iniziale tra gambe e testa ora diventa totale…corro pensando solo altrove.Transito sul Pulaski Bridge alla mezza maratona in 1:29’ dinanzi a me il serpentone è nutrito, mi volto indietro…lo è ancora di più.L’elemento strano e incredibilmente affascinante delle grandi maratone è quello di essere un nulla nella marea dei 37.000 partecipanti ma di sentirti comunque un protagonista, e a New York lo sei ancora di più perché quel milione e passa di spettatori che sono ai lati delle strade ti fanno sentire tale.A Calderara di pubblico neanche a pagarlo, anzi con il cambiamento del percorso non si transita neanche più in un paesino all’ora di Messa.A volte viene da chiedersi cosa si viene qui a correre e la risposta è comunque e sempre la stessa, perché per molti di noi lo stare assieme ed insieme fare fatica, è il modo migliore per star bene.Affronto finalmente la salita del Queensboro Bridge, qui si corre veramente soli con se stessi per oltre un miglio, solo nel finale si avverte in sottofondo il brusio della gente che via via aumenta, si trasforma in un vociare misto di tante lingue, poi finalmente si affronta la curva ad “U” in discesa piena che ti porta nel “Maracanà” di New York, se sei italiano ed indossi qualcosa di tricolore addosso preparati ad avere i brividi, un boato ti accoglierà. Sicuramente qualcuno scandirà il tuo nome a voce alta e ti sembrerà di volare, basta anche questo per dire di essere stato a New York e per aver voglia di ritornarci. Nei momenti più bui, quelli nei quali pensi se e quando potrai correre nuovamente come vuoi basta pensare a quelle sensazioni e l’universo ti sorride.Mancano pochi km alla fine mi supera Luciano Bigi (inevitabilmente associo la sua vista alla maratona di Helsinki dove ebbi modo di conoscerlo e starci assieme per un po’), mi dà un incitamento e se ne và…non faccio neanche un accenno per stargli dietro, sarebbe un suicidio e poi le gambe da sole non ragionano.Ormai si respira aria di Central Park, in un baleno abbiamo attraversato il Bronx, siamo sulla 5^ Avenue i saliscendi si succedono, il parco è lì accanto, ci entriamo, poi di nuovo fuori, corriamo tra due ali di folla variopinta, le bandiere sono tantissime, gli striscioni che inneggiano all’amico in gara numerosi, verrebbe voglia di strapparle di mano e farne incetta per poterle sventolare e prendersi la gioia di tutti…In fondo c’è Columbus Circle l’ultima vera curva, il posto dell’immancabile foto in gruppo, la discesina di accesso a Central Park, manca meno di un miglio alla fine, bisogna aprire il cuore e sorridere, bisogna sorridere anche se come ieri è capitato al vincitore, il brasiliano Gomes, hai Paul Tergat e un altro keniano che stanno per raggiungerti. Bisogna sorridere perché sai che nessuno può toglierti la gioia di tagliare il traguardo di una delle maratone più affascinanti del mondo.Anche a Calderara riesco a respirare aria di Central Park ed infatti corro l’ultimo km in 4’15’’ (nel momento di maggiore crisi ero arrivato a 4’50’’), è lo scatto d’orgoglio del soldato ferito che comunque vuole arrivare impettito al traguardo, riesco a riprendere anche Bigi, lo trascinerei con me ma per un momento la mia testa si è riconnessa alle gambe e gli impone di raschiare le ultime energie.Taglio il traguardo con la citazione dello speaker in 3:06’09’’, la centesima sotto le tre ore si fa attendere ma io non ho fretta e comunque questa maratona è andata nel sacco a fare 136 totale di maratone portate a termine.
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