Nessuno può sentirsi sicuro di vincere, al momento di partire. Non si può star certi nemmeno di arrivare fino in fondo. La maratona è l'unica gara che si può perdere anche correndo da soli.

Perle di saggezza

Se vuoi correre, corri un miglio. Se vuoi conoscere una nuova
vita, corri la Maratona!


Emil Zatopek (citazione segnalatami da Giovanni Chessa)

Me medesimo in numeri

213 MARATONE corse



PB 2:36'28'' 08.10.2000 GoldMarathon Cesano Boscone (MI)







un centinaio di MEZZE corse



PB 1:13'09'' 01.10.2000 Udine







cinque 6 ORE




PB 73,096 km (Buttrio 2014)







cinque 100 km (4 Passatore)



PB 8:51'28'' giugno 2005 in pista Fagagna (UD)



PB Passatore 9:09' 2004 Firenze-Faenza







una 12 ORE



PB 119,571 km
31-08-2014 Passons (UD)







3000



PB 9'39'' San Vito al Tagliamento (PN)







5000



PB 16'27''







10000



PB 35' 36''







3 VOLTE IRONMAN FINISHER






domenica 25 novembre 2007

Due maratone ravvicinate secondo Pizzolato

Ci riprovo... La Doppia MaratonaMai come in questo periodo ho avuto tante domande su come gestire la preparazione tra due maratone ravvicinate. La doppia maratona (come avevo denominato in un articolo apparso su Training News del settembre 1997), cioè la scelta di partecipare a due maratone nell’ambito di 4-6 settimane, è ora praticata, giustamente, da tanti corridori. Quando avevo scritto l’articolo in questione, nel mondo podistico era tabù sostenere due sforzi elevati e ravvicinati come quelli necessari per correre due maratone.L’articolo che avevo scritto prendeva spunto da un atleta amatore che in quel periodo allenavo e che aveva partecipato, nell’autunno 1996, a tre maratone consecutive nell’arco di tre mesi (Egna, Cesano Boscone e Firenze). In ognuna di queste gare si era migliorato con un progresso di oltre 12’, arrivando a scendere di pochi secondi sotto le tre ore (2h59’56”). A quel punto era scattata la mia riflessione: come può essere possibile un miglioramento fisico, e quindi prestativo, avendo subito lo stress fisico per la partecipazione ad una corsa impegnativa come la maratona?Piuttosto che uno stress, la partecipazione ad una competizione di 42km era invece un evidente stimolo allenante. In quel periodo la credenza comune era basata sulla partecipazione a non più di 3 maratone all’anno, per evitare che lo stress fisico e mentale debilitasse eccessivamente l’atleta e lo condizionasse nel resto della carriera.In seguito alla positiva esperienza del mio allievo, avevo applicato la strategia della doppia maratona (in 4-6 settimane) anche con altri atleti, ed ovviamente con positivi risultati. In una tabella pubblicata su TN 5 (settembre 1997) avevo indicato che il miglioramento medio tra le due maratone era di circa 6’. Tale incremento di rendimento non faceva riferimento ad una prima maratona corsa piano, come allenamento per fare chilometri, bensì ad una partecipazione sui 42km nella quale l’atleta aveva anche conseguito il proprio primato.Il mio articolo era stato sia riproposto in una rivista tedesca, sia ripreso da Hal Higdon, allora articolista di Runner’s World USA e che sposava le teorie di Galloway (mai più di 2 maratone all’anno). Da sempre riluttante sul fatto che un podista potesse sostenere elevati sforzi come la maratona, era rimasto impressionato da come un corridore amatore potesse migliorare il proprio rendimento correndo 2-3 sforzi ravvicinati così elevati.Il vantaggio di questa scelta agonistica sta nel fatto che praticamente mai un podista amatore sostiene in allenamento una seduta dal chilometraggio prossimo a quello della maratona; quindi, è carente nella tenuta muscolare. Per percorrere la distanza di gara in allenamento è necessaria una grande motivazione, visti i disagi muscolari e mentali cui si va incontro, e siccome l’amatore non è ben predisposto a tale situazione, egli non percorre praticamente mai più di 35-37 chilometri (oppure corre per 3 ore). Mentre, controllando i miei diari di allenamento, avevo avuto modo di verificare che prima della gara di maratona sostenevo 2-4 lunghi dal chilometraggio prossimo ai 42km, con un paio nei quali percorrevo gli ultimi 15-20km a ritmo gara.Ciò che io proponevo quindi oltre 10 anni fa, è ora diventata una strategia applicata da una grandissima parte del mondo podistico amatoriale. Ma per chi è realmente vantaggiosa la seconda (ed anche terza) maratona ravvicinata? Correre 2 maratone in sequenza ravvicinata non è ovviamente garanzia di miglioramento, come avevo spiegato nell’articolo del 1997.Per conseguire dei vantaggi cronometrici è necessario che si verifichino 2 fondamentali situazioni tecniche:1) che il recupero dello sforzo della prima maratona sia adeguatamente completato2) che l’atleta non sia, nel momento della prima maratona, al top della propria condizione di formaIl podista che arriva nella massima forma fisica in occasione della prima partecipazione ai 42 chilometri evidenzia, dopo la forte sollecitazione della prima maratona, un calo di rendimento. Il corridore che invece non è al 100% avverte, dopo i 10-15 giorni del periodo di recupero e rigenerazione muscolare, sensazioni fisiche positive e percepisce che l’organismo risponde positivamente alle sollecitazioni degli allenamenti.Alcuni podisti ignorano la fase del recupero nel senso che, indipendentemente dalle sensazioni fisiche che avvertono, decidono ugualmente di correre una seconda maratona nell’arco di alcune settimane. Spesso lo fanno perché delusi dalla prestazione cronometrica della prima gara, e quindi con la forza di volontà affrontano un altro sforzo impegnativo.Sia per il podista in piena efficienza, sia per quello che ha una condizione di forma in calo, non è possibile (e logico) verificare se lo sforzo della prima maratona è stato recuperato. Non avrebbe senso, infatti, sostenere un allenamento impegnativo tra le due maratone, perché i tempi per il recupero di una seduta impegnativa sono ridotti, e perché si potrebbe per esempio arrivare ad una sollecitazione non adeguatamente elevata da mettere in crisi l’organismo. Si potrebbe per esempio percorrere 25km a ritmo gara, oppure percorrere 35km ad andatura lenta e non avvertire nessun disagio, e basterebbero ancora un paio di chilometri per arrivare alla fase di cedimento dell’organismo.Insomma, solo nel corso della seconda maratona si scopre se il recupero fisico dopo il primo sforzo sui 42km è stato completamente raggiunto. Un intervallo di 4 settimane è di solito adeguato per consentire la ricostruzione delle fibre muscolari danneggiante nella prima maratona. Se le settimane tra le gare sono invece 6, è molto più probabile che il recupero sia stato completo.