Dalla rivista on line SpiritoTrail che è scaricabile gratuitamente traggo un racconto-autoritratto di un amico, di un podista, di un atleta nel senso più genuino del termine, Enrico Vedilei, con il quale più volte ho corso assieme in giro per l'Italia (sotto una foto dopo l'arrivo a Salsomaggiore nel 2006, e in gara, con la neve alla Maratona del Brembo 2006).
Con lui in gara non c'è bisogno di molte parole per intendersi, basta uno sguardo;durante la corsa o al termine di essa Enrico è sempre pronto a dare il consiglio giusto, il consiglio non di un tecnico nel senso proprio del termine ma di uno che ha nel suo palmares oltre 200 maratone corse sotto le 3 ore, ultramaratone di tutti i tipi corse nei luoghi più strani del mondo. Uno spirito libero come si autodefinisce che merita soltanto ammirazione.
I trent’anni di corsa del “vichingo” Sono passati 3 giorni da quando Simone Brogioni mi ha mandato questo messaggio: “Mi farebbe molto piacere se tu potessi scrivere qualcosa su Spirito Trail, che parlassi delle tue esperienze, sia di gare sia di allenamenti. Ad esempio, come hai preparato gare estreme, magari nel deserto...... Come ti alimenti, che tipo di abbigliamento usi nelle varie condizioni ambientali tipo montagna e deserto”.Bene, sono appunto 3 giorni che penso a queste frasi e vado spesso a finire sul nome della rivista che lo deve contenere: Spirito Trail. Pensando a ciò che devo scrivere, spesso associo “Spirito Trail”a “spirito libero”, perché i miei pensieri tornano molto lontano,quando da ragazzino mi sfidavo.Mi ricordo ancora la prima volta che riuscii a percorrere 1500 metri prevalentemente in discesa senza fermarmi mai, dovevo avere circa11 anni, e dopo una giornata nel vigneto dei miei dove facevo di tutto,dal dare una mano ai miei genitori,a rincorrere qualche uccellino e perdermi nei giochi che offriva la natura,dopo quella galoppata di 1,5 km arrivai a casa strafelice, a tal punto che mi porto ancora dietro il ricordo.In verità in quel periodo nel mio paesino era tornato un ragazzo dall'Australia che tutte le sere dopo il lavoro andava a correre e noi ragazzini cercavamo di imitarlo ma non riuscivamo a correre tanto a lungo, quindi dopo quella mia galoppata solitaria capii che forse con la corsa sarei riuscito a trovare altre risorse per divertirmi.Dopo più di 30 anni posso affermare che non mi sbagliavo. Ero già allora uno “spirito libero”.Per chi non conosce le mie origini,dico che sono nato in un piccolissimo paese di campagna con appena 200 abitanti e i giochi dei ragazzini consistevano tutti nel sapersi arrangiare: qualsiasi cosa tipo albero, ramoscello, pietra, canna di bambù, fungeva da ipotetico gioco.Anche andare alla ricerca di fossili e residui della guerra era un gioco;quelli che disponevano di più risorse economiche avevano le costruzioni“Lego” oppure qualche soldatino da mostrare, mentre per la maggior parte di noi i giochi più comuni erano quelli fatti con le biglie e il pallone.Eravamo una generazione di “spiriti liberi” e tutto questo ha formato il mio carattere.Dopo pochissimi mesi ero impegnato già con la mia prima gara di 21km che attraversava anche il mio paesino.Non so quanto tempo impiegai, ma mi sembrò un'infinità, anche se giunsi 17°assoluto e per un bambino di 12 anni era già tanto. Lo spirito libero si presentò anche in quella occasione perché avevo al seguito tutta la famiglia, con la mitica A112 Abarth di mio padre, mia madre che mi sussurrava di rallentare perché non voleva che soffrissi e mio fratellino incuriosito dal gesto che stavo compiendo a tal punto che dopo poco anche lui cominciò a correre.Non avevo basi su nulla, correvo con la classica tuta da ginnastica in voga in quel periodo, quella pesantissima,inoltre mia madre mi mise anche la panciera perché aveva paura che un colpo d'aria mi avrebbe fatto male. La premura dei genitori non è mai troppa...Avevo ai piedi un paio di scarpe marchio Mecap, non so che fine abbia fatto il marchio e sinceramente non so nemmeno se fosse un marchio famoso,so solo che dalle mie parti erano le classiche scarpe da ginnastica usate dai ragazzi che conoscevo. Sicuramentenon erano state comprate in un negozio specializzato (anche perché non ne esistevano in zona)ma al mercato, non avevano nessuna protezione e sicuramente non rientravano in nessuna classe di valutazione usata in questo millennio.Malgrado ciò, mi portarono all'arrivo,e anche se la mente non mi permette di ricordare, sicuramente in gara mia madre mi avrà dato da mangiare dei biscotti fatti in casa da lei e soprattuttoacqua, perché 30 anni fa, almenodalle mie parti, non esistevano ristori e quindi ognuno si doveva arrangiare.Passarono 10 anni di discreto livello agonistico dove nel frattempo le cose stavano cambiando, in commercio si cominciarono a trovare scarpe e abbigliamento leggermente migliori.Quando mi informarono che a metà ottobre a Chieti si sarebbe svolto il Campionato Italiano Amatori di maratona,anche se usavo non correre in quel periodo, decisi di sfidarmi ancora.Senza preparazione, senza sapere dove sarei andato a sbattere, senza scarpe idonee, mi presentai alla partenza con un doppio plantare che pensavo servisse ad ammortizzare un po' di più (dopo 10 km fuicostretto a togliermelo).Ero in compagnia di un amico e ci fermammo a tutti i ristori a mangiare e bere, a tal punto che arrivammo al traguardo più pesanti di quando eravamo partiti,tempo finale 3.21.51.Questa gara fece scattare in me un'ennesima sfida e dopo 2 anni mi ripresentai di nuovo ai nastri di partenza di una maratona, Firenze1988, tempo finale 2.28.53,passaggio alla mezza in 1.13.50 dopo aver avuto una fermata ai box per problemi intestinali.Dopo questa prestazione cronometrica più volte ho preparato una maratona come si deve, sempre credendo di stare meglio, ma ciò non avvenne: quel crono è rimasto la mia miglior prestazione.Sicuramente quel giorno ho agito d'impulso esagerando anche con il ritmo iniziale, ma se non avessi osato magari non avrei ottenuto quel risultato.Devo raccontarvi un aneddoto accadutomi 2 sere prima della maratona.Da 2 mesi mi ero trasferito per lavoro a Bologna (forse anche questo per il mio spirito libero), ed ero alle prime armi in cucina. Quella sera cucinai il riso pensando alle porzioni della pasta,ma mi resi subito conto che avevo sbagliato i conti: ne uscirono fuori 7 piatti che mangiai tranquillamente,e quando a mezzanotte i miei coinquilini fecero la pasta, per scommessa mangiai anche un piatto di quella.Queste 2 vicende, confermate anche in futuro, mi hanno fatto sempre sostenereche se stai male puoi stare attento all'alimentazione quanto vuoi che non cambia nulla; idem, per aver osato in una giornata nella quale il mio fisico stava bene mi ha giovato moltissimo,mentre se fossi stato prudente, come molti suggeriscono, magari non avrei ottenuto ciò. Ancora spirito libero.Nel 1991 a Bologna Vito Melito organizzò una 50 km in pista; andai a correrla e questo fu il mio approdo alle ultramaratone.Anche in questa occasione partii un po' troppo forte, con un passaggio alla mezzamaratona intorno a 1.17, maratona 2.40.55.Comunque chiusi in 3.14.55, e anche questa resta la mia miglior prestazionesu una 50 km.Nel 1995 accusai un problema alla schiena che mi limitò molto ma forse è servito al mio fisico a recuperareun po' di energie e mi ha fatto conoscere un medico che oltre a curarmi mi dette delle dritte sull'alimentazione da tenere in gara.Lo ringrazio ancora adesso perché mi ha consigliato di prendere 1,5 gr. di aminoacidi ogni 5 km che al mio fisico servono e che mi permettono, nei limiti del possibile,di non andare in crisi nel finale.Il 1996 ho seguito lo stesso schema d'allenamento di Orlando Pizzolato dato a un mio amico in preparazione della maratona di Boston, e sicuramente Pizzolato fu l'artefice anche delle mie molte maratone, almeno nei primi anni. Questo perché prima di Boston il programma prevedeva di correre 2 maratone con gli ultimi 10 km a ritmo gara, che noi eseguimmo alla lettera, e il giorno di Boston non vedevo l'ora di essere al 35°km, avevo una grinta da far paura.Dopo Boston appresi che in un piccolo paesino della Marsica, a Collelongo,organizzavano una Ecomaratona,e seguendo il mio spirito libero decisi di iscrivermi. Saggia decisione.In molti mi consigliarono di non correrla perché mi sarei fatto male, ora nella Marsica si organizzano più gare di trail che su strada. Appresi che ai primi 3 assoluti offrivano un viaggio in Perù,una nazione che avrei voluto visitare,ma sapevo anche che non sarebbe stato facile e invece dopo una faticaccia immane, almeno in quel periodo,mi presentai 3° assoluto all'arrivo.In Perù ho conosciuto ancora un'altra faccia della medaglia a proposito di fatica e ho cominciato a sconfinare nelle ultramaratone, completando 260 gare fra maratone e ultra nel giro di 11 anni.Nel 1997 Aurelio Michelangeli e Sergio Rozzi, gli stessi organizzatori dell'Ecomaratona dei Marsi e del viaggio in Perù, organizzarono la maratona in grotta dove naturalmente non potevo mancare, anche se a dire il vero non la preparai, ma dopotutto come si fa a preparare una gara simile?Lo spirito libero si impossessava sempre più di me anche perché questo tipo di gare ti permette di guardare sempre meno il cronometro e di correre in natura, e per me che vengo dalla campagna era come se mi facesse tornare bambino.Negli anni 2000-2003 ho indossato anche 8 volte la maglia azzurra sulla 100 km e risalgono a questo periodo i maggiori carichi di lavoro, carichi che non sono stati mai eccessivi in confronto ad altri atleti azzurri, ma uniti al lavoro in azienda hanno cominciato a portare degli acciacchi fisici.Risale anche a questo periodo la consapevolezza che potevi chiedere tutto al fisico che lui te lo dava.Gare su gare, allenamenti sempre più mirati alla 100 km con punte di 80-85 km nel fine settimana divisi in 4 sedute (mattina e pomeriggio) a ritmo gara di 4.15 al km perché pensavo di essere pronto a correre una 100 km intorno alle 7 ore e 10 minuti.Comunque il mio spirito libero non mi ha mai abbandonato e a febbraio del 2003 ho sperimentato anche di correre una 50 km in grotta e da solo, sempre sotto l'attenta regia di Aurelio Michelangeli.E' stata una bellissima esperienza, durae impegnativa per le scale da salire ela forte umidità da affrontare, ma anche perché ancora una volta a darmi da mangiare e bere c'erano i miei genitori, questa volta senza dolcetti di mia mamma ma solo delle banane,nonché i miei immancabili aminoacidi,mentre a correre un po' con me c'era il mio fido scudiero Claudio Bellisario e la mia compagna Luisa Costetti.Lo spirito libero è stato complice anche nel primo incontro che ho avuto con Luisa perché involontariamente i nostri discorsi sono andati a finire sulla natura. Con lei ho condiviso moltissimi allenamenti in natura e anche parte degli allenamenti della primavera del 2003, quando improvvisamente il mio fisico mi ha portato il conto e, anchese arrampicandomi sugli specchi ho tentato più volte di risorgere, non c'è stato nulla da fare: ero arrivato al limite e non potevo tornare più indietro.Se fino a un mese prima il mio fisico rispondeva a tutte le sollecitazioni che gli davo, ora non più. Ho sofferto molto per questa situazione, ma poi in me si è ripresentato lo spirito libero e ho ricominciato ad apprezzare ciò che facevo e la gioia che mi dava la corsa, anche se correvo più piano.Nel 2006 insieme a Luisa abbiamo preparato la Spartathlon, gara di 246 km con partenza da Atene e arrivo a Sparta, e per preparare una gara così lunga abbiamo spesso corso più ore in montagna o in collina arrivando anche a correre 8 ore e 15.Quel giorno rimarrà sempre impresso nella mia mente perché siamo partiti da casa dei miei genitori,a soli 5 km dal mare, e siamo arrivati al punto più alto della Maiella raggiungibile in auto, a più di 2200 metri di altitudine. Là c'è una madonnina che ogni anno andiamo a trovare, ma partendo da molto più vicino,mentre quel giorno ci siamo arrivati da casa e per di più siamo ridiscesi fino a 15 km da casa.Quel giorno ho provato anche a mangiarmi un panino con il prosciutto acquistato in una baita di montagna e devo dire che, a parte un piccolo fastidio iniziale, poi sicuramente mi è servito per andare avanti. Forse sono andato troppo in là con la risposta che dovevo dare a Simone e forse non l’ho nemmeno data,anche se leggendo fra le righe,qualche consiglio lo si può trovare.
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