20^ Venicemarathon
2005
La maratona di Venezia è stata per molti anni la più classica delle maratone italiane, quella che riusciva a raccogliere il maggior numero di podisti, quella che imponeva un numero chiuso per limitare le iscrizioni a causa degli inevitabili problemi organizzativi in una località particolare come è quella lagunare.
Ultimamente la maratona della capitale è cresciuta ed è riuscita a rubarle il primato come numero di iscritti e di arrivati, ma Venezia rimane comunque una grande classica che è appuntamento fisso per molti podisti italiani e per tanti stranieri che uniscono il viaggio di piacere e di cultura alla avventura podistica.
L’organizzazione è ormai collaudata, si tratta solo anno dopo anno di rivedere qualche dettaglio.
La scelta di allestire l’expò a Marghera inaugurata nella scorsa edizione sembra definitiva, si tratta di spazi abbastanza angusti per una grande maratona, ma in compenso crea poco disturbo alla vita e al traffico cittadino di Mestre; però a pensarci bene l’atmosfera del sabato mattina in piazza fra gli stands e la corsetta non competitiva era molto gradevole.
Il ritiro dei pettorali e degli inevitabili gadgets è abbastanza solerte, gli addetti sono numerosi, il servizio rapidissimo, di lì l’accesso agli stands delle varie aziende del settore è immediato.
Sono presenti tutte le aziende che distribuiscono materiale sportivo legato al podismo in Italia, ognuna ha arruolato i propri atleti-immagine, così si ha la possibilità in poco spazio di incontrare tanti campioni dell’atletica italiana, di quell’atletica italiana che poteva affacciarsi sul proscenio internazionale ed avere speranze di ben figurare e spesso di vincere.
Cerco di ricordarne alcuni sperando di essere perdonato per eventuali dimenticanze: c’erano Gianni Poli, Panetta, Orlando Pizzolato, Genny Di Napoli.
E’ l’occasione per lasciarsi tentare dai vari promoter delle maggiori maratone italiane per i prossimi appuntamenti autunnali e primaverili, insomma, non ci annoia scegliendo di fare un giretto, due, tre all’interno della struttura.
Parlo per la mia esperienza: ci vengono risparmiati i dibattiti scontati su argomenti fritti e rifritti che vengono proposti in diverse occasioni.
Non avrei comunque partecipato al pasta-party ma il solo fatto che sia necessario prendere un bus navetta per raggiungerlo scoraggia molti.
Non mi dilungo molto sugli altri aspetti dell’organizzazione che come detto è ormai collaudata ma mi chiedo se non sia proprio possibile trovare una alternativa al passaggio di migliaia di podisti stretti come sardine, su quel piccolo ponticello sul canale che separa il deposito bagagli dall’area della partenza; possibile che si allestisca un ponte di barche sul Canal Grande e tanti altri ponti mobili in laguna e non si possa allargare quella strettoia infernale?
Per il resto tutto bene, quest’anno anche il posizionamento dei cartelli kilometrici era perfetto (l’anno scorso c’erano diversi spostamenti rispetto all’ottimale), rimane sempre quell’incredibile cartello dei 26 km messo lì fuori dal sottopassaggio della stazione di Mestre 100 metri più avanti del dovuto. I controlli ogni 5 km sono una garanzia di regolarità ed offrono a chi volesse la possibilità di seguire la gara anche da casa collegandosi al sito di Winning-Time tramite il tracking on line con la opportunità di selezionare sino a cinque atleti diversi.
La mia maratona.
La mia maratona potrei dire che è stata la più particolare delle 119 che ho portato a termine: il tempo finale nel mio palmares si inserisce nelle ultimissime posizioni, ma le sensazioni vissute e la gioia provata sono e saranno indimenticabili.
Da alcuni mesi corricchiavo al Parco del Cormor con una ragazza amante della corsa-Monica Zenarolla è il suo nome, podista della domenica si direbbe anche se lei “timbra il cartellino” almeno tre volte la settimana. Il suo modo di intendere la corsa è particolare, la sua presenza è costante, discreta, il ritmo sempre lo stesso, a volte da sola a volte in compagnia macina km in perfetta tranquillità.
In diversi le hanno proposto di tesserarsi, di provare ad allenarsi con un programma meno spontaneo sicuri che avrebbe ottenuto buone prestazioni, ma Monica dribbla elegantemente spiegando che un impegno formale la metterebbe in difficoltà.
La sua è una passione ingenua per il gesto della corsa, Monica arriva al parco, qualche minuto di esercizi e poi va, in compagnia o da sola, va, il ritmo è più o meno costante, inanella giri su giri, ho il dubbio che a volte nemmeno li conti, corre sinchè ne ha voglia e ne ha la forza.
Il suo approccio è istintivo, non mediato come quello di noi forzati della competizione che partiamo da casa quasi sempre con l’obiettivo di fare un tipo di allenamento e se ci viene male ce ne facciamo un cruccio. L’istinto è quello tipico degli uomini e donne degli altipiani per i quali non vi è nulla di anormale nel correre, è naturale, Monica anche se ha terminato la sua corsa (non lo si può definire allenamento) vede passare una sua amica riprende a macinare giri in scioltezza.
Sei mesi fa scrissi un Blog sul sito Podisti.net nel quale affermavo: “Sarebbe un peccato che questa scioltezza di corsa e questa predisposizione naturale verso la corsa di lunga distanza rimanesse inesplorata, sono convinto che a breve sarebbe in grado di affrontare anche la maratona, ma mi chiedo chi abbia il diritto di forzare questa predisposizione naturale con imposizioni temporali: e se poi perdesse il piacere di divertirsi?
Monica segui il tuo istinto.”
Ebbene domenica ero al suo fianco quando abbiamo iniziato tutte le operazioni preliminari alla gara ed ho provato insieme a lei le stesse emozioni che provai 11 anni orsono quando mi accingevo a partire per la mia prima quarantadue.
Quei brividi nelle gambe che ti provoca la consapevolezza di intraprendere una via inesplorata, quella gioia di sentirsi attorniati da complici di una birichinata lunga tanti km, tutti quei grandi discorsi di ritmi e programmi che ognuno nel suo intimo teme vadano ad infrangersi sul fatidico muro della maratona.
Ma come potevo io alla mia ennesima prova, la 16^ solo in quest’anno provare ancora di queste sensazioni? Eppure è stato così, sarà stata la tensione di aver “promesso un clima surreale”, il dubbio che poi per Monica ciò non fosse, ma mi sono ritrovato ad affrontare i primi km come un bambino che conosce un nuovo gioco.
Al nostro fianco avrebbero dovuto esserci anche altre due podiste friulane, anche loro frequentatrici del Parco, Anna e Antonella Parrella che però hanno fatto bene a tenere il proprio ritmo centrando il proprio obiettivo, aveva promesso di esserci anche un’altra amica pordenonese Marilena Dell’Anese con la quale non ci siamo trovati nella calca iniziale e che poi è volata verso il suo ennesimo personal best, trovato per strada senza averlo cercato, in attesa di poterlo ritoccare a New York fra due settimane.
Monica come aveva preannunciato mi si è messa al fianco come un francobollo e in grande scioltezza ha corso la sua gara come se fosse la solita corsa, non un segno di commozione traspariva, ogni tanto solo qualche espressione di stupore per il pubblico presente ai lati della strada e le band che allietavano il nostro passaggio.
Al nostro fianco è stato per oltre metà gara un amico milanese che mi aveva riconosciuto per aver corso entrambi a Salsomaggiore.
Il correre “nella pancia del gruppone” è stata una esperienza molto bella, in tanti mi hanno chiesto cosa stesse succedendo, per tutti una semplice spiegazione: domenica la mia impresa era quella di accompagnare Monica a finire la sua prima maratona.
Avevo pronosticato per lei la possibilità di fare un tempo intorno alle 3:22’, il passaggio alla mezza è arrivato in 1:40’43’’, tutto molto regolare come se nulla fosse.
Il tratto intermedio della Maratona di Venezia è il più duro, per le brutture di Marghera, ma anche per l’asfalto abbastanza sconnesso, non ci siamo curati di questo perché poi il passaggio all’interno di Mestre riconcilia e l’andata e ritorno sul viale fra il 28° e 29° km riabilitano l’animo.
Tutta la mia prima parte di gara è stata un incitare il pubblico all’applauso, lanciare battute provocatorie verso le loro “mani in tasca”, sfottere gli amici che via via si incontravano (Gemma il “trombatore” in testa).
Oltrepassato il 30° km sapevo che sarebbe iniziato un altro tipo di lavoro: si trattava di distogliere il pensiero dalla fatica che inevitabilmente avrebbe assalito le gambe della mia “allieva”.
Ho cominciato ad incitarla e non ho smesso un momento lungo tutto il Ponte della Libertà, memore ancora della tremenda sofferenza che mi inflisse al mio esordio nel quale fui costretto a percorrere un lungo tratto camminando.
Il mio incitamento a non cedere ha prodotto i suoi frutti, abbiamo recuperato tantissime posizioni, uno dopo l’altro tante vittime del muro sono cadute nella nostra rete.
Raggiungere Venezia le ho indicato essere il principale ostacolo prima dell’apoteosi finale come se gli ultimi 4 km fossero solo una sciocchezza.
Ho sentito che la mia voce diventava sempre più roca, tanto mi sforzavo nello spronarla a spingere; quando abbiamo raggiunto i ponti ed ancora sul mio cronometro non avevo notato alcun cedimento di ritmo ho intravisto la possibilità di fare ancora meglio del pronostico, ho continuato ad incitare ancora con più vigore, il mio pronunciare il suo nome ha coinvolto nell’entusiasmo anche tutto il pubblico che era ai lati della strada subito dopo aver attraversato il ponte di barche sul Canal Grande. Gli ultimi due km sono stati un trionfo, il nome di Monica scandito da tantissimi appassionati appoggiato alle transenne, tutti i podisti che raggiungevamo ad incitarla, persino un vigile si è messo a gridare a gran voce.
E per concludere sul rush finale dopo l’ultimo ponte la vista di una donna è diventato l’ultimo stimolo per rilanciare il ritmo e superare anche quest’altra concorrente concludendo la maratona d’esordio in uno splendido 3:21’06’’ di tempo ufficiale (sporco) in 32^ posizione.
Io ho provato tantissima emozione, penso anche Monica, voglio sperare almeno perché per il suo carattere ne ha esternata pochissima e questo mi ha lasciato quasi deluso.
Un amico mi ha detto: “Hai creato un mostro”. Se è così ne sono contento perché questa è la dimostrazione che la maratona non è “irraggiungibile” e che per correrla anche con ottimi risultati, non sono indispensabili tabelle, allenamenti stressanti, maledette ripetute e cose di questo genere, basta tanto amore per corsa e voglia di soffrire, se poi c’è anche il talento naturale si fanno anche le imprese.
pubblicato su http://www.podisti.net/