Nessuno può sentirsi sicuro di vincere, al momento di partire. Non si può star certi nemmeno di arrivare fino in fondo. La maratona è l'unica gara che si può perdere anche correndo da soli.

Perle di saggezza

Se vuoi correre, corri un miglio. Se vuoi conoscere una nuova
vita, corri la Maratona!


Emil Zatopek (citazione segnalatami da Giovanni Chessa)

Me medesimo in numeri

213 MARATONE corse



PB 2:36'28'' 08.10.2000 GoldMarathon Cesano Boscone (MI)







un centinaio di MEZZE corse



PB 1:13'09'' 01.10.2000 Udine







cinque 6 ORE




PB 73,096 km (Buttrio 2014)







cinque 100 km (4 Passatore)



PB 8:51'28'' giugno 2005 in pista Fagagna (UD)



PB Passatore 9:09' 2004 Firenze-Faenza







una 12 ORE



PB 119,571 km
31-08-2014 Passons (UD)







3000



PB 9'39'' San Vito al Tagliamento (PN)







5000



PB 16'27''







10000



PB 35' 36''







3 VOLTE IRONMAN FINISHER






martedì 15 aprile 2008

Diario di scuola

Immagine di Diario di scuola L'autore affronta il grande tema della scuola dal punto di vista degli alunni. In verità dicendo "alunni" si dice qualcosa di troppo vago: qui è in gioco il punto di vista degli "sfaticati", dei "fannulloni", degli "scavezzacollo", dei "marioli", dei "cattivi soggetti", insomma di quelli che vanno male a scuola. Pennac, ex scaldabanco lui stesso, studia questa figura popolare e ampiamente diffusa dandogli nobiltà, restituendogli anche il peso d'angoscia e di dolore che gli appartiene. Il libro mescola ricordi autobiografici e riflessioni sulla pedagogia, sulle universali disfunzioni dell'istituto scolastico, sul ruolo dei genitori e della famiglia, sulla devastazione introdotta dal giovanilismo, sul ruolo della televisione e di tutte le declinazioni dei media contemporanei. E da questo rovistare nel "mal di scuola" che attraversa con vitalissima continuità i vagabondaggi narrativi di Pennac vediamo anche spuntare una non mai sedata sete di sapere e d'imparare che contrariamente ai più triti luoghi comuni, anima i giovani di oggi come quelli di ieri. Con la solita verve, l'autore della saga dei Malaussène movimenta riflessioni e affondi teorici con episodi buffi o toccanti, e colloca la nozione di amore, così ferocemente avversata, al centro della relazione pedagogica.
Che avesse un punto di vista fuori dagli schemi era chiaro sin dai suoi precedenti romanzi, in cui la tribù dei Malaussène - bambini senza madre in una Parigi multietnica - vivevano come un sogno nelle fantasie dei lettori. Oggi, che ha lasciato i panni del narratore di gialli per dedicarsi al teatro e ai saggi, Daniel Pennac conferma le sue doti di grande affabulatore, con un libro che si legge ma che potrebbe benissimo essere recitato in una pièce teatrale o in un’aula di scuola.Ed è appunto la scuola la protagonista di questa opera, l’istituzione scolastica vista non attraverso la prospettiva dei genitori e degli insegnanti, ma attraverso un’angolazione del tutto insolita, quella del “somaro”. Anche agli studenti più brillanti sarà capitato, una volta nella vita, di sentire il vuoto cosmico dell’ignoranza penetrare nel cervello. La sensazione di buio, solitudine e incapacità di fronte alla traccia di aritmetica, o alla domanda di storia; la certezza di non sapere, di non potercela fare, un enorme e indefinito punto interrogativo nella testa. Ci sono studenti a cui capita di inciampare nel vuoto cosmico quasi per caso, altri invece ne fanno un vessillo da brandire per tutta l’adolescenza, rinchiusi nella rassegnata consapevolezza di non poter mai superare quello “zero” scritto in rosso sul compito di matematica. Pennac è stato uno di questi bambini. Nato da una famiglia benestante, ultimo di quattro fratelli laureati a pieni voti e figlio di professionisti, si scopre presto refrattario alla conoscenza, all’assimilazione dei concetti, alla memorizzazione. Scopre il suo senso di impotenza e inadeguatezza, al quale sopperisce con incredibili e sfacciate bugie dette alla famiglia e agli insegnanti, in una spirale da cui spesso si esce solo con l’abbandono scolastico. A meno di non incontrare un insegnante capace salvarci dalla condizione di ignoranti impenitenti.La redenzione del somaro è avvenuta molte volte nella storia della scuola e avviene ogni qual volta ci si imbatte in quegli strani personaggi che vivono immersi nella loro materia: professori che non sanno e non pretendono di avere dei proseliti, ma che sono così innamorati del loro mestiere da suscitare un istintivo impulso di emulazione.In queste pagine Pennac traccia molti esempi di buoni e cattivi maestri e di asini più o meno redenti attraverso le storie vissute durante la sua attività di insegnante. Un viaggio affascinante tra i temi caldi della pedagogia, ma anche un bellissimo saggio che descrive e analizza la situazione della società francese, i conflitti generazionali, le contestazioni dei giovani delle banlieues, simbolo della difficoltà di integrazione ma anche dell’inefficienza di un sistema scolastico incapace di mediare tra le diverse istanze provenienti dalla società. Da queste pagine emergono temi attualissimi del dibattito istituzionale della Francia contemporanea ma anche degli altri Paesi europei, argomenti che sfociano nell’analisi della relazione di potere tra studente e insegnante, tra adolescenti e genitori. Un saggio che si legge tutto d’un fiato, perché scevro dai toni didascalici tipici della materia, un libro che aiuta a riflettere attraverso la sperimentazione di nuovi punti di vista, un nuovo esempio di maestria narrativa da parte di un “ex somaro” ormai capace di grande saggezza ma, come sempre, incapace di salire in cattedra.
Sì, a volte alcuni progetti si realizzano, delle vocazioni si compiono, il futuro onora i propri impegni.

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